Scommesse, Cassazione su punto collegato a Stanleybet: “Se bookmaker è discriminato esercenti senza licenza di pubblica sicurezza non commettono reato”

Non sempre è condannabile per raccolta abusiva di scommesse chi opera senza licenza di polizia. E’ quanto ha stabilito la Corte di Cassazione sul caso di un esercente di Velletri (RM), collegato al bookmaker Stanley, condannato dal Tribunale e dalla Corte di appello a due mesi e venti giorni di reclusione “per aver esercitato attività di raccolta di scommesse sportive, pur privo della necessaria licenza di pubblica sicurezza”. I supremi giudici hanno accolto la posizione del ricorrente per il quale “la Corte di appello non avrebbe speso alcuna considerazione in ordine ad un profilo decisivo della vicenda, quale l’ingiusta esclusione dell’operatore Stanley dalla gara per l’ottenimento della concessione necessaria per l’esercizio dell’attività di scommesse”.

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La Cassazione ha annullato la sentenza per la prescrizione del reato ma confermando comunque la tesi dell’esercente: “in mancanza della concessione e della licenza, per escludere la configurabilità della fattispecie incriminatrice occorre la dimostrazione che l’operatore estero non abbia ottenuto le necessarie concessioni o autorizzazioni a causa di illegittima esclusione dalle gare o per effetto di un comportamento comunque discriminatorio tenuto dallo Stato nazionale nei confronti dell’operatore comunitario. In siffatti casi, il Giudice nazionale, anche a seguito della vincolante interpretazione data alle norme del trattato dalla Corte di giustizia CE, dovrà disapplicare la normativa interna per contrasto con quella comunitaria”, evidenzia la Cassazione, che aggiunge: “La Corte di appello non ha verificato affatto se, ‘a monte’, l’assenza di concessione in capo all’operatore Stanleybet e, prima ancora, l’esclusione dello stesso dalla gara per l’ottenimento della concessione medesima (e, per l’effetto, il difetto di licenza in capo all’imputato), fosse addebitabile ad una normativa interna contraria agli articoli 43 e 49 del TFUE, e perciò da disapplicare (…) ma si è limitata a riscontare, ‘a valle’, che il ricorrente era privo di licenza ex art. 88 TULPS, sì dover tout court rispondere dell’art. 4, I. n. 401 del 1989 contestatogli”. lp/AGIMEG